venerdì 7 luglio 2017

GLI ESCLUSI


Quando si parla degli anni ’90 in ambito musicale e in particolare dei vari generi/movimenti che si sono succeduti nel decennio le prime etichette cui più spesso si sente parlare sono sicuramente il Grunge, il Black Metal (Nato durante gli ’80 ma consolidatosi durante i ’90), il Britpop, un certo tipo di Elettronica (Per intenderci: Daft Punk, Underworld, Prodigy…) e il Trip-Hop (portato al successo grazie a band come Portishead e Massive Attack).
Come in ogni decennio musicale, a prevalere ma soprattutto a rimanere nell’immaginario collettivo sono prevalentemente i generi e gli artisti che più hanno venduto (Oasis, Nirvana, Blur, Take That…). Ma spesso dietro un sipario costellato da successi e vendite si nascondono una miriade di band che durante gli anni ’90 ebbero pochissima visibilità e che solo ora grazie all’avvento della musica digitale e di internet è stato possibile riscoprire e rivalutare. Mi piacerebbe quindi proporvi qui di seguito non una classifica ma semplicemente una manciata di dischi usciti negli anni ‘90 che, secondo me, hanno saputo muoversi in una direzione completamente diversa rispetto a quella proposta dalle industrie discografiche.


Frigid Stars, Codeine, 1990

Per fare rock non serve per forza suonare forte o veloce.
La più grande lezione che ci insegnano i newyorkesi Codeine è questa, il loro è un rock completamente rallentato e dimesso ma che quando vuole sa essere anche aggressivo e rabbioso. Manifesto di una intera generazione, quello dei Codeine è solo l’inizio di una serie infinita di band che sceglieranno la via del “rock al rallentatore”. New Year’s è, per chi scrive, uno dei 5 brani più belli degli anni ’90.



WhatFunLifeWas, Bedhead, 1994

Il titolo parla da sé.
Completamente dimenticati dal mondo, i texani Bedhead vennero fuori con questo fragoroso disco nel ’94 e riuscirono sapientemente ad unire psichedelia, suoni assordanti e lentezza, il tutto però filtrato dal loro modo di suonare a metà tra il dimesso e lo svogliato.



2, The Black Heart Procession, 1999

I californiani Black Heart Procession sin dal loro bellissimo esordio si sono dimostrati maestri nel comporre brani a metà tra il malinconico e il funereo, ma questo 2 è sicuramente il loro lavoro più oscuro, romantico e disincantato dove a fare da padrone sono fisarmoniche e organetti che sembrano provenire da un’altra epoca. Particolarmente consigliato agli amanti di Tom Waits e Nick Cave.


The Problem with Me, Seam, 1993

Provenienti da Chicago, i Seam assimilarono alla perfezione la lezione dei loro predecessori per poi creare la loro parabola musicale all’insegna della lentezza. I loro brani sono in continua evoluzione, lo dimostra un brano come Bunch, dove un semplicissimo fraseggio di chitarra si trasforma in un’esplosione sonora che ha ormai assimilato l’insofferenza dei giovani cantata a squarciagola dall’Hardcore punk.





What Burns Never Returns, Don Caballero, 1998

Originari di Pittsburgh, i Don Caballero con la loro musica strumentale sono stati sicuramente una delle parabole più originali degli anni ’90. I loro dischi viaggiano costantemente su una sottile linea che li divide dal caos più totale. Il loro è un mix perfetto di dissonanze e ritmiche epilettiche ma allo stesso tempo i loro brani sembrano incredibilmente orecchiabili.






Spectrum, Sonic Boom, 1990

Di ritorno dagli Spacemen 3 il grande Peter Kember comincia la sua carriera solista a nome Sonic Boom con un disco che mescola alla perfezione, ancora una volta, la lezione “velvettiana” alle atmosfere eteree tanto care al duo Kember-Pierce. Il risultato è un disco catartico, che abbatte l’ascoltatore e che lo trasporta in un altro universo, provare per credere.





Down Colorful Hill, Red House Painters, 1992

Con questo disco la 4AD inserisce un altro capolavoro nel proprio catalogo, ma soprattutto ci regala una delle menti musicali più importanti di tutti i tempi: Mark Kozelek. Sin dalla copertina il mood del disco è abbastanza chiaro. Il sound dei Painters è sottile ma allo stesso tempo solenne come una marcia funebre. Kozelek e soci fanno musica con poco, ma quello che colpisce è come la musica sia il perfetto veicolo delle parole di Kozelek, le parole vanno di pari passo con la musica fino ad arrivare all’ultimo brano dove è umanamente impossibile non emozionarsi.






Hex, Bark Psychosis, 1994

Gli inglesi Bark Psychosis sono senza ombra di dubbio i discendenti più diretti dei Talk Talk di fine anni '80. Sutton e soci seppero cogliere le atmosfere di Spirit of Eden riuscendo però a creare qualcosa di ancora più personale e intimo. Se i Talk Talk mantenevano delle dinamiche basse per poi esplodere, i Bark Psychosis portano il tutto su un tono prettamente da camera. Hex è un disco delicatissimo ma che nel profondo nasconde arrangiamenti da paura e rimandi che spaziano dalla psichedelia al jazz. Raramente ho visto una copertina più bella di questa.


Exploded Drawing, Polvo, 1996

Ancora Stati Uniti, precisamente Nord Carolina. Quelli che all'inizio potevano sembrare un semplice (nemmeno tanto) verso ai Sonic Youth si rivelano essere una delle band più innovative degli anni '90. Praticamente impossibili da etichettare i Polvo mescolarono la furia hardcore degli anni '80 a diversi generi quali il blues e il country, il tutto però filtrato da un sound astratto e disordinato. 

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