martedì 4 luglio 2017

LE VITTORIE DELLA NEW WAVE ITALIANA


I Diaframma, da sinistra: Gianni Cicchi (batteria), Federico Fiumani (chitarra), Leandro Cicchi (basso), Miro Sassolini (voce)
 Un bel giorno di circa due anni e mezzo fa, decisi di esplorare in maniera un po' più sistematica la musica rock italiana. E dissi, "Wow, ascoltiamo i Litfiba, sono un nome molto famoso!", e cominciai ovviamente dal primo album di Pelù e soci, il mitico Desaparecido pubblicato nel 1985. Da allora, la mia vita musicale è cambiata. Perché ho scoperto che il genere di quell'album era classificato come new wave, e ho scoperto che moltissimi gruppi italiani l'avevano suonata insieme ai Litfiba. E ho scoperto che prima di loro lo avevano fatto molti artisti inglesi e americani, e soprattutto che stavo interagendo con quella che era stata una irripetibile e definitiva rivoluzione della musica del Novecento.

I generi musicali ascritti a questo fenomeno sono tanti: post-punk, synth pop, dark, gothic, ma per comodità userò qui solo il termine new wave.
Dicevo, con la new wave ho scoperto gli anni '80, la libertà musicale e creativa, la realtà dell'epoca fatta di gavetta e locali, nuove proposte e idee audaci. E ne sono rimasto affascinato, colpito: e ascolto tuttora artisti di quell'ondata. Ma al di là dell'enciclopedico discorso che si può fare su cosa sia, quando e come sia nata la new wave, eccetera eccetera, parliamo di quel che è successo di conseguenza in Italia. Decine e decine di band, solisti, progetti all'avanguardia, freschi, giovanili, fighissimi sono nati tra la fine dei '70 e l'inizio degli '80, protraendosi sin quasi allo scadere del decennio. Dai Litfiba sopracitati agli amici e colleghi fiorentini Diaframma, autori del capolavoro italiano del genere, Siberia; dai CCCP di Giovanni Lindo Ferretti ai siciliani Denovo, i Moda, i Chrisma, i Confusional Quartet, i Gaznevada, Faust'o, Garbo e tantissimi altri nomi.
Questa generazione di ragazzi è stata, musicalmente parlando, eroica.
Se nei '60 il rock italiano era un coacervo di cover più o meno oneste, e nei '70 iniziavano a venir fuori i primi gruppi di alto livello che tagliavano il cordone ombelicale coi padrini anglosassoni, negli '80 dilagò la tendenza a formare gruppi liberamente espressivi. Perché per farlo non serviva cultura, o bell'aspetto: solo passione e originalità.
La scena rock italiana diventa cosa viva e indipendente proprio durante gli anni della new wave.

Di questa immensa e splendida ondata di artisti, oggigiorno non resta moltissimo. L'unico nome a diventare famoso sul serio (fuori dall'ambiente rock o underground) è stato quello dei Litfiba, che, morto il fenomeno, hanno cambiato approccio e stile. O se non famoso in termini di soldi e sold-out, è sopravvissuto il suono della parola "CCCP", indice di estremismo e trasgressione per i più. Oppure ci sono i Diaframma di Federico Fiumani, vero e proprio guerriero che ancora oggi suona nei locali senza major, senza hit parade, ma con tanta passione e tanti fedeli. Ma tra il grande pubblico, il riconoscimento nei confronti della new wave non è mai arrivato.

È arrivata però l'ispirazione per intere generazioni successive di musicisti italiani. È arrivato l'immenso lascito alla storia musicale del nostro paese. È arrivata l'arte, la voglia di esprimersi perché si è giovani e appassionati. Sono arrivati i dischi o le canzoni simbolo, i revival che durano tuttora e riempiono i locali. È arrivata la folgorazione per un ragazzo qualunque, che un giorno ha cominciato ad ascoltare ore ed ore di musica, sognando e decidendo di mettersi a scrivere.

La copertina dell'antologia New Wave Italiana 1980-1986

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