L'EREDITÀ DI FRANCO BATTIATO: "LA VOCE DEL PADRONE"
La copertina de "La voce del padrone" |
Pochi giorni fa, il 23 marzo, il maestro Franco Battiato ha compiuto 72 anni. Il cantautore è sicuramente una delle figure più versatili ed importanti della musica italiana, coi suoi 31 album in studio all'attivo; eclettico come pochi, sempre colto e raffinato, in grado di regalare prodotti realizzati sempre con perizia e buon gusto.
In tutta la sua discografia e in tutti i suoi cambi di stile (dall'elettronica sperimentale venata di psichedelia degli esordi al pop d'autore della maturità e tanto altro ancora), il lascito più noto ed indimenticabile di Battiato resta a mio parere il suo undicesimo LP, La voce del padrone. Pubblicato nel 1981, è stato (udite, udite!) il primo disco italiano a vendere più di un milione di copie: Battiato divenne un must per qualsiasi italiano in possesso di una tv o di una radio, radicandosi profondamente nella cultura musicale (e non solo) del nostro paese senza più uscirne.
La formula che ha garantito all'album un successo di tale portata è stata la fusione di elementi artistici sofisticati e ricercati con melodie pop da hit ballabili: almeno 3 dei 7 brani contenuti nel disco sono conosciuti da qualsiasi italiano. Battiato articola la tracklist alternando gioielli orecchiabili da classifica a pezzi più lenti e impreziositi (eccezion fatta per la prima canzone, una fusione tra questi due filoni).
La voce del padrone comincia con Summer on a solitary beach, un brano a metà tra sintetizzatori ritmati e attimi di sospensione: ci narra appunto di un'estate trascorsa su una spiaggia solitaria, a sognare l'infinito guardando il mare.
Poi parte la prima hit: Bandiera bianca. Battiato descrive la sua resa di fronte alle ipocrisie e alle falsità del mondo moderno, tra citazioni colte e riferimenti più popolari. Un'emozionante ballata elettronica impreziosita dalla chitarra elettrica con un ritornello a cui è impossibile restare indifferenti. Un vero capolavoro, sotto tutti i punti di vista, dalle liriche agli arrangiamenti. Con Gli uccelli il disco vive il suo momento più raffinato: una meravigliata e meravigliosa descrizione del volo degli uccelli, dai toni più lenti e classicheggianti.
A seguire, l'arcinota Cuccurucucù: poco da dire, un bellissimo pezzo da ballare che si ficca in testa senza volerne uscire, zeppo di citazioni musicali da Mina e Nicola Di Bari ai Beatles e i Rolling Stones. Con Segnali di vita le acque si calmano di nuovo: il brano è pura riflessione introspettiva. Battiato si ferma a riflettere sullo scorrere del tempo osservando le luci e fantasticando sulle "meccaniche celesti".
Ecco che arriva poi l'evergreen Centro di gravità permanente. Indimenticabile brano pop dai versi cervellotici, a cui dà una marcia in più lo strano balletto della videoclip. Dopo la rassegnazione all'incostanza della società odierna, il nostro auspica alla raggiungimento di un centro di gravità permanente/che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente: fare filosofia muovendosi a ritmo di un ritornello pop, ecco l'unicità de La voce del padrone.
In conclusione, Sientimiento nuevo, un inno all'amor carnale condito di riferimenti storico-mitologici, poetico e libertino al tempo stesso: il degno explicit di un capolavoro.
La voce del padrone è un'opera epocale per la nostra nazione, un successone ottenuto con classe e senza retorica, in soli 31 minuti di LP. Un caso forse unico in tutta la discografia italiana. Nonostante l'album sia forse marginale se si pensa al panorama mondiale (essendo unico sì nello stile, ma non originale e propositivo nelle musiche), per noi è davvero imprescindibile: parte della nostra cultura, obbligatorio sullo scaffale dei dischi di ogni casa italiana.
Per questo lascito immenso, solo una cosa possiamo fare: ringraziare.
Grazie e buon compleanno, Maestro.