lunedì 29 maggio 2017

LIVE REPORT: Giovanni Lindo Ferretti in concerto, a cuor contento


foto di ElishC Photography
Sabato 27 maggio, due soli giorni fa, si è esibita all'Eremo club di Molfetta una figura centrale nella storia della musica del nostro paese: Giovanni Lindo Ferretti, ex-cantante dei CCCP, C.S.I. e P.G.R.
Dopo aver segnato indelebilmente la scena punk/new wave italiana negli anni '80, Ferretti ha continuato nei decenni la sua attività di musicista raggiungendo vette artistiche non indifferenti e sviluppando sempre di più la sua indistinguibile unicità. Il cantore, poeta, paroliere, sciamano o tutto quel che volete Ferretti, si dedica attualmente a girare l'Italia con il suo "A cuor contento tour" riproponendo brani storici di tutti i suoi gruppi passati e rendendo irrilevante la sua età di 63 anni.

Una di queste tappe, per l'appunto, ha riguardato la Puglia. Con lui sul palco dell'Eremo Ezio Bonicelli (violino, chitarra) e Luca Alfonso Rossi (chitarra). Avere aspettative sul come recepirai il concerto non è mai facile se si tratta di una vecchia leggenda vivente: ho atteso il suo ingresso in scena ignaro di cosa aspettarmi di preciso, ancora molto legato alla sua figura di storico frontman dei CCCP e totalmente disinteressato agli aspetti più recenti e tanto dibattuti della sua vita artistica e non. Volevo lasciar spazio all'arte pura, alla semplice musica? Può darsi, ora non ricordo. Ricordo solo che è ciò che ho ricevuto.
Ferretti, dopo decenni di esperienza nel mondo della musica e dopo una maturità anche travagliata, riesce ancora ad essere una figura forte, intensa. La voce sembra non esserglisi incrinata minimamente, il suo indistinguibile timbro viene fuori intatto da quel torace così magro e stretto. Riesce ancora ad inserire discorsi o divagazioni mirate e liriche nelle sue esibizioni in maniera infallibile, conserva ancora il magnetismo ed il fascino che solo lui ha saputo trasmettere nella sua carriera. Davvero a cuor contento (lui, io ed il pubblico tutto), ma ancor prima a spirito intenso.
In circa due ore di show, Ferretti ha recitato, cantato, declamato con carisma ed autorevolezza più di 20 brani. Lo spettacolo si è incentrato su un approccio piuttosto raffinato e meditativo, col violino che regalava assoli fantastici e Ferretti che conservava la sua calma impassibile senza quasi mai tirar fuori le mani dalle tasche dei pantaloni, per poi cedere ad incursioni più movimentate sulle note dei grandi cavalli da battaglia degli anni '80 e '90. Sono state indimenticabili Amandoti, Oh! Battagliero, Polvere, Cupe vampe, Occidente, come anche un accenno di Bella ciao.
Ma i momenti clou ed esplosivi della serata sono stati quelli riguardanti Mi ami? (un pezzo simbolo qui stravolto nell'arrangiamento), l'evergreen Curami, la rockettara ed orecchiabile Per me lo so, e la catarsi finale di Emilia paranoica (un pezzo che dopo trent'anni sa essere ancora un inaspettato pugno allo stomaco) e Spara Jurij. Un regalo incomparabile, quasi a poter rivivere i momenti che hanno segnato la storia della nostra musica.

Dare pareri, fare bilanci per un concerto del genere è impossibile: non si può giudicare la leggenda. Giovanni Lindo Ferretti resta una figura imprescindibile per la musica italiana, per chi vuole ascoltarla e per chi vuole farla. Un approccio sempre vero, sincero, pronto a mettere l'arte e la poesia davanti a tutto. Perché sì, avere un'identità artistica sostenuta da degli ideali veri non è affatto facile o usuale oggi.
In sostanza, tante emozioni in una performance davvero difficile da metabolizzare o raccontare: non immagino la confusione nel leggere esternamente uno scritto casuale come questo. Vi ho ingannati nel definirlo un live report, non è neanche lontanamente un live report.

Grazie a Giovanni Ferretti per essere stato capace di farmi sentire così piccolo, ma al contempo così grande.


venerdì 26 maggio 2017

MEDIMEX 2017, un'edizione davvero "special"



Il manifesto ufficiale dell'evento
Il festival targato Puglia Sounds sta per tornare: Medimex 2017 avrà luogo dall'8 all'11 giugno a Bari. Quest'anno ne vedremo davvero delle belle: tra concerti, conferenze, progetti formativi, contest e mostre esclusive, il capoluogo del tacco tricolore diverrà (nei giorni della manifestazione) un vero e proprio ricettacolo d'arte, cultura e musica. Un attentato al cuore di un giovane appassionato come me, ma andiamo con ordine.

Davvero encomiabile la scelta di organizzare numerosi convegni, corsi, e concorsi formativi dedicati a talenti emergenti e a giovani che aspirano a lavorare nel mondo della musica (a cui parteciperanno anche i nostri amici G.O.A.T.). Si svolgeranno incontri sulla produzione musicale, sul videomaking, sulla scrittura dei testi delle canzoni, e tantissimo altro. La ciliegina sulla torta, il santo Graal per gli artisti novelli, è la possibilità di incontrare due produttori della Sony (sì, SONY) al termine di una selezione tra i partecipanti.
Verranno decretati i vincitori del Rec'n'Play contest, vari musicisti si esibiranno per le strade, si potrà partecipare al Bee-Geek (evento collaterale al festival dove si esibirà il gruppo metal Nanowar of Steel), e sarà allestita un mostra fotografica esclusiva al Castello Svevo: "David Bowie & Masayoshi Sukita: Heroes- 40° anniversario" esporrà gli scatti inediti della sessione fotografica svoltasi a Tokyo nel 1977 del Duca Bianco immortalato dall'artista giapponese Sukita.

E i concerti? Qui ce n'è davvero per tutti. Tra Piazza Prefettura, Largo Giannella e il Teatro Petruzzelli, si esibiranno in tre giorni tantissimi artisti (e non mancano i nomi davvero altisonanti). Dalla scena rap italiana Salmo, Gemitaiz, Madman. La cantante r'n'b Solange farà la sua unica tappa italiana proprio al Medimex, e in una sola serata si esibiranno Tricky (icona del trip-hop anni '90) e, dopo più di vent'anni di assenza dalle scene, gli Slowdive. Le leggende dello shoegaze inglese suoneranno in esclusiva in vista del loro prossimo album. La serata sarà ad ingresso gratuito, così come quella che avrà come grande ospite (udite, udite!) Iggy Pop. Saputo questo, sono letteralmente svenuto. Iggy Pop, gratis, a Bari. Sotto casa. A solo un'ora di regionale.

Sì, il Medimex 2017 sarà un'edition davvero special. Un regalo per tutti, dagli appassionati agli aspiranti musicisti. Il vero evento dell'estate non sarà un festival discotecaro d'agosto con la sabbia e le palme come palco, ma avrà luogo a giugno: è il Medimex di Bari.

Iggy pop
fonte immagine: impattosonoro.it

mercoledì 24 maggio 2017

MOGWAI: a settembre il nuovo album


Il chitarrista del gruppo Stuart Braitwhite dal vivo
fonte immagine: pitchfork.com
Le leggende del post-rock scozzese sono finalmente tornate. Con la diffusione del singolo Coolverine (il 14 maggio), i Mogwai hanno annunciato la pubblicazione del loro decimo album in studio in autunno: dall'1 settembre, sarà disponibile Every country's sun (già pre-ordinabile online).

Da amatore della produzione storica dei Mogwai negli anni '90, il mio interesse si è risvegliato ed ho ascoltato il pezzo. Bello come sempre, l'ormai ben forgiato sound dei musicisti di Glasgow non può deludere: magari non infervora più come un tempo, ma resta sempre un'ottima dimostrazione di come si fa e si suona la musica. I sei minuti strumentati del singolo Coolverine sono un crescendo di chitarre, basso e batteria contornate da qualche effetto sonoro e da accenni di tastiera in sottofondo. L'intro e l'outro sono entrambi affidati all'elettronica.

La locandina promozionale ufficiale per le date italiane della band
E dunque sì, a un anno dall'ultima pubblicazione (Atomic, la rielaborazione della colonna sonora composta dalla band per l'omonimo documentario di Mark Cousins), i Mogwai sono davvero tornati: sono già state annunciate le date del tour promozionale dell'imminente nuovo album, e in autunno toccherà anche all'Italia.
I Mogwai suoneranno per tre date consecutive nella nostra penisola: il 27 ottobre al Fabrique di Milano, il 28 all'Atlantico di Roma e il 29 all'Estragon di Bologna.

È superfluo dire che il Musichiere sarà presente a Roma: i Mogwai sono imprescindibili ed imperdibili per lo scrivente. Non resta che pompare ad alto volume la pietra miliare Young team in attesa della loro venuta.

Potete ascoltare qui il nuovo singolo dei Mogwai Coolverine:
https://www.youtube.com/watch?v=Cu1UVzJYfao

Every country's sun, prossimo album in uscita dei Mogwai
fonte immagine: pagina facebook ufficiale del gruppo

lunedì 22 maggio 2017

OK COMPUTER: il ventesimo anniversario dell'album chiave dei Radiohead


fonte immagine: sito web ufficiale dei Radiohead

Ieri, 21 maggio 2017, ha compiuto 20 anni uno degli album più importanti degli anni '90 e del rock tutto. Il 21 maggio 1997 (in anteprima per il Giappone) veniva pubblicato il terzo album dei Radiohead: OK Computer. Un disco chiave nella storia della band, che inizia qui a maturare mettendo in piedi un rock più significativo del britpop che emergeva spesso nei precedenti lavori, e che raggiunge un successo mondiale grazie a cui  può tuttora annoverarsi nell'olimpo dei discendenti di Chuck Berry.
OK Computer, pur non essendo un lavoro poi così sperimentale o particolarmente strutturata, resta un'opera affascinante e non del tutto collocabile. C'è chi si è addirittura spinto a definirlo un disco post-rock: per me è un alternative che si supera e si lascia ispirare da generi esterni (che siano il pop o l'avant-garde). Non solo il disco dell'affermazione musicale, ma anche quello dell'accesso alle top ten: da OK Computer provengono brani arcinoti, tra cui spicca l'intramontabile gioiello pop che è No surprises.
Un successo che ha portato fortuna alla band anche artisticamente: senza averlo ottenuto, i Radiohead non avrebbero mai potuto scegliere di rifiutarlo per generare un capolavoro di innovazione come Kid A (quarto album della band pubblicato nel 2000).

La copertina di OK Computer
Per evitare che io divaghi, parliamo delle singole canzoni che compongono OK Computer. La prima è Airbag, la mia preferita: un muro di tre chitarre arrangiate in maniera a dir poco meticolosa ed efficace, contornato dalla solita voce cantilenante di Thom Yorke e da una sezione ritmica che gioca a palla lanciandosi ritmi e sospensioni. Un'autentica bomba seguita da Paranoid android, brano simbolo degli oxfordiani: sicuramente il capolavoro indiscusso della tracklist; quattro movimenti (scanditi dal passaggio dall'acustico all'elettrico e collegati da fantastiche incursioni di basso e tastiera) permeati dal tipico mood malinconico ma al contempo trascinante dei Radiohead e che fungono per il quintetto britannico da lasciapassare nel mondo dei grandi musicisti.
La ballata elettrica Subterranean homesick alien è un tripudio di chitarre e tastiera su cui spicca una performance vocale indimenticabile di Yorke. Exit music (for a film) è ciò che dice il titolo: la canzone è il sottofondo dei titoli di coda del film "Romeo + Giulietta" girato da Baz Luhrmann. Alla ballata triste e tragica segue Let down: anche qui trionfa la bellezza degli arrangiamenti caratteristica del disco ed il polistrumentismo dei membri del gruppo. A seguire il famoso singolo Karma police, un gran pezzo pop a base di pianoforte e chitarra acustica. Il folle intermezzo Fitter happier funge da introduzione al pezzo più rockettaro e rumoroso dell'intero repertorio del gruppo: Electioneering, impreziosita da un testo di protesta che si scaglia contro le campagne elettorali e i trucchi della politica. La malinconia catchy di Climbing up the walls lascia posto al pezzo più famoso di cui sopra, No surprises, un indimenticabile trionfo melodico e intimista. Concludono Lucky, altra grande canzone a base di chitarre elettriche e Tourist, una rallentata espressione dei disagi dell'ansioso.

OKNOTOK, l'edizione speciale dei vent'anni del disco, uscirà il 23 giugno e conterrà otto b-sides mai distribuiti. Il cofanetto espanso sarà invece pubblicato a luglio.

Uno scatto della band nel periodo di OK Computer

sabato 20 maggio 2017

G.O.A.T., l'intervista esclusiva



La copertina di G.O.A.T.

G.O.A.T., un gruppo musicale di Barletta attivo da circa un anno che ha da poco pubblicato il suo album omonimo. Né band, né crew, G.O.A.T. è un agglomerato di artisti con esperienze e gusti molto variegati che amano sperimentare insieme, infrangere le barriere tra generi, e produrre musica originale. Loro sono Massimo Caputo alias Maks, Felice Carbonara alias Squiscio, Mirko Dicuonzo alias M Liar, Dario Lattanzio alias McTower, Martina Patella alias Lamà, Ruggiero Rizzi alias Ruja, Michele Santo alias Jeeno e Simona Santoro alias Runa. Producers di musica hip hop come Maks e M Liar, lyric-makers come Ruja (che ha vinto con Simona un contest lanciato da Murubutu, il quale distribuisce due loro racconti nei suoi concerti), rapper con dieci anni di esperienza come McTower o Squiscio, un chitarrista rock come Jeeno, vocalist femminili come Simona e Martina. Tutto questo, è G.O.A.T. Con un pizzico di esoterismo qua e là.

Prima fila partendo dall'alto, da sinistra verso destra: McTower, Squiscio, Ruja e M Liar
Seconda fila: Runa; terza fila: Lamà


Come sono nati i G.O.A.T.?

In realtà, è come se i G.O.A.T. fossero sempre esistiti. C'è una sorta di "legame ancestrale" tra noi: molti dei membri si sono conosciuti in tenera età, alcune delle nostre famiglie avevano dei legami; altri avevano litigato tra loro in passato trovandosi in fazioni opposte. Le nostre strade si sono sempre incrociate. Un giorno, poi, il dio-capra (l'entità esoterica dietro tutto ciò che riguarda i G.O.A.T.) ci ha fatti diventare un gruppo musicale. E possiamo svelarlo, ognuno di noi ha sul corpo una voglia a forma di capra.
Scherzi a parte, la realtà dei fatti è che abbiamo appreso di questi incontri passati solo in seguito e che ognuno di noi veniva da esperienze individuali differenti o aveva collaborato con altri membri del gruppo in progetti precedenti. Tra noi c'è chi vanta almeno un decennio di gavetta nella scena rap locale: M Liar aveva già collaborato con Ruja nei Liar per poi entrare nei South Station (di cui fa parte tuttora con McTower), mentre Jeeno e Squiscio suonano assieme da sempre. Il progetto G.O.A.T. è nato dopo che Jeeno e Maks hanno cominciato a lavorare insieme su un pezzo e hanno "reclutato" gli altri membri. Nasce così, nella soffitta di casa della nonna di Jeeno, il pezzo drum and bass che diventerà poi Rain of pain, la terza traccia del nostro disco. 


Una domanda che vogliamo porvi da tanto: da dove deriva il vostro nome? Il puntato suggerisce un acronimo: svelateci l'arcano.

G.O.A.T. deriva da un nostro personalissimo svarione musicale su capre con fucili a pompa che sono poi diventate simbolo del gruppo. L'acronimo significa qualcosa di diverso per ognuno di noi: per McTower è Gandalf On Acid Twerking, per Jeeno God On A Table, Simona dice Gino On A Trip e M Liar Gollum On A Teen, e via dicendo.


Parlateci del vostro stile musicale, e di come sia influenzato dal fatto che ognuno di voi abbia background musicali completamente diversi.

Come abbiamo detto, più che un gruppo ci definiamo un agglomerato di artisti unitosi nel nome della sperimentazione musicale. Perciò, il disco è molto diversificato e non suona mai ripetitivo: tutti noi abbiamo un diverso stile e un bagaglio di conoscenze individuali. Può essere rischioso o difficile riunire diverse tendenze e generi sotto lo stesso tetto, ma parlando con la gente ci siamo resi conto che questa diversità, questa unicità, è un'arma vincente: aumenta il target d'ascolto e riesci ad arrivare a più persone senza porti barriere. E soprattutto, non annoi mai il pubblico! Ѐ impossibile non ottenere un prodotto finale così vario se i compositori dei singoli brani hanno ispirazioni molto diverse tra loro: c'è il rock, il pop, vari generi di elettronica, perfino la letteratura. Il rap è solo il nostro linguaggio di partenza.
Questo aspetto dà molti più spazi ed agganci nei confronti del pubblico, ma è anche vero che abbiamo fatto le cose a modo nostro. Completamente. La musica dei G.O.A.T. deve in primis piacere a noi, dev'essere qualcosa che ascolteremmo con gusto. La voglia e la necessità di far confluire le nostre varie influenze ci hanno inevitabilmente allontanati dalle tendenze del momento. Non le discriminiamo, semplicemente nel corso di questo lavoro non ci hanno interessato: anche se dovessimo seguirle, lo faremmo comunque a modo nostro. Ci piace poter fare ciò che ci passa per la testa, amiamo sperimentare e odiamo il "piattume". Per questo, dietro i nostri pezzi c'è quasi sempre un concept: cerchiamo di strutturarli e finalizzarli con attenzione. Ogni canzone deve avere dei contenuti; la riteniamo una condizione necessaria.


Individuiamo nello specifico le vostre influenze ed ispirazioni nelle tracce del disco.

Potremmo dire che i più grandi genitori dei G.O.A.T. sono i Gorillaz, l'ispirazione più comune tra i membri. Musicalmente c'è tantissima roba: il rap rock e il nu metal di INCom, la drum and bass alla Pendulum e il rock alla Tom Morello di Rain of pain, il progressive di Blue Electric Shadow, l'aggressività hardcore in Dio denaro, una tendenza pop con le voci femminile sintetiche in Krokodile tears e il chillout rilassante e arioso della conclusiva Sun-Day che stempera i toni movimentati e incazzati dell'album. A livello compositivo, molti brani si sono quasi fatti da soli, incastrando alla perfezione idee frammentate e spontanee dei vari membri del gruppo, altri invece hanno richiesto una gestazione più lunga (Blue Electric Shadow ha richiesto due mesi di tempo per venire alla luce nel suo aspetto finale).
Per quanto riguarda i testi, tutti hanno contenuti importanti. In alcuni casi più sulla critica sociale, in altri più sull'introspezione personale. C'è la dipendenza dalle droghe, l'amore per l'arte e la scrittura, il conscious alla Rancore. In due casi ci siamo anche ispirati alla letteratura (Edgar Allan Poe in L'uomo della folla e David Grossman in Che tu sia per me il coltello). INCom gioca invece con le parole (tecnica tipica di McTower, usata anche nel suo terzo album in uscita, -sion.): INCompatibile, INCompleto, INCompreso e IN Compenso; la frase finale del testo è "Abbiamo appena INCominciato".


Quali sono i vostri progetti futuri?

Quello più imminente è la pubblicazione di alcuni video musicali dei nostri pezzi. A livello compositivo, ogni membro dei G.O.A.T. farà uscire un EP di cinque brani: da ciascun EP verrà presa una traccia che farà parte della tracklist di un altro EP a nome del gruppo. In quanto a esibizioni live, siamo reduci dalla partecipazione all'Open Music Night organizzata dal Bebop (ringraziamo Alex Bee-Folk'Oh, che ci ha aiutato ad avere spazio nell'evento e che ci supporta sempre a livello organizzativo e morale) e dalla Giornata dell'arte di Strada organizzata dall'Uds Barletta. Con queste prime esibizioni abbiamo avuto vari contatti ed opportunità, e possiamo dire di essere pronti per le prossime esibizioni nei locali. La più imminente sarà al Le Ture, dove si terrà un evento dedicato esclusivamente agli artisti emergenti che propongono inediti. Nel frattempo, dopo aver venduto le prime copie dell'album e aver avuto i primi riscontri positivi del pubblico, continuiamo a far girare il nostro disco. Possiamo dirlo? Tutto promette bene.


Potete ascoltare qui "G.O.A.T.", il primo album del gruppo:
https://goatproduction.bandcamp.com/album/g-o-a-t

venerdì 19 maggio 2017

AGGLUTINATION 2017: LA PERLA DEL SUD ITALIA



Il Sud italia non vanta un movimento musicale deciso e costante, e ciò crea vari disagi per chi vuole vedere un grande artista ma non può permettersi di spostarsi. Un'ottima, direi grandiosa soluzione si trova in Basilicata, più precisamente a Chiaromonte, un piccolo paesino in provincia di Potenza.

L'Agglutination Festival si preoccupa da più di vent'anni di ospitare al sud alcune tra le più importanti metal band della storia tra cui Carcass, Obituary, Cannibal Corpse e molti altri.
A completare il bill della giornata ci sono altre band di meno importanza ma dal grande talento che riescono in un modo o nell'altro a farti scuotere la testa e a farti divertire tra un pogo ed un mosh pit.
L'organizzazione dell'evento è forse una tra le migliori che io abbia mai visto, infatti pur essendo un piccolo (ma grande) festival, gli organizzatori tengono a non far mancare niente allo spettatore, implementando nell'area concerto vari stand di merchandising, bagni chimici e zona ristoro con tanto di chiosco della Forst. A condire il tutto un listino prezzi davvero accessibile a tutti i portafogli, fattore molto importante in eventi di questo tipo. 

L'imminente edizione dell'Agglutination che si terrà il 19 agosto vede come headliner due band mozzafiato: i teutonici Sodom e i padrini del black metal, i Venom. Due grandi nomi da non perdere assolutamente. A contribuire al devasto ci saranno i thrasher Assaulter da Taranto, i salentini Ghost of Mary, i Memories of Lost Soul dalla Calabria, Gli IN.SI.DIA. da Brescia, i Gravestone da Roma e i White Skull da Vicenza.

I complimenti agli organizzatori e al comune di Chiaromonte sono d'obbligo, perché sono riusciti ad abbattere le barriere che circondano il nostro territorio, portando artisti di qualità in una piccola realtà quale il Sud. Naturalmente i ringraziamenti vanno anche da parte mia e di chi come me è riuscito a partecipare alle passate edizioni di questo coraggioso metal festival.

Per chi abitasse nei dintorni e apprezza la musica metal l'Agglutination è l'occasione adatta per passare una splendida giornata all'insegna di birra, carne, divertimento e ottima musica con soli 35 euro, perciò il mio consiglio è quello di andarci il prima possibile.

Buon proseguimento e, come sempre, un caloroso abbraccio.



martedì 16 maggio 2017

KRAFTWERK: 3-D The Catalogue


La copertina di 3-D The Catalogue
È in arrivo il nuovo album live dei Kraftwerk: il leggendario gruppo di musica elettronica tedesco torna con un cofanetto intitolato 3-D The Catalogue. Questa nuova uscita è la testimonianza delle loro ultime tournée: da anni Hütter e compagni propongono il meglio della loro discografia in un suggestivo spettacolo tridimensionale, portando avanti nel tempo il mito che avevano costruito tra gli anni '70 e '80. 3-D The Catalogue, in uscita il 26 maggio, conterrà le performance live integrali di ben 8 dischi del gruppo, da Autobahn (1974) a Tour de France (2003), filmate nel corso di sei anni di esibizioni, dal 2012 al 2016. I vari box set conterranno il live album in formato CD e vinile, ed i concerti filmati sia in 2-D che in 3-D in versione dvd e blu-ray. Una manciata di pepite d'oro per i fan sfegatati e i collezionisti.

Ma non è finita qui. Per niente, il bello viene adesso. I geni di Düsseldorf rifaranno fisicamente in tutta Europa ciò che potremo vedere e ascoltare in 3-D The Catalogue. Per tutta l'estate, i Kraftwerk risuoneranno quegli stessi 8 dischi dal vivo nei loro ormai consueti spettacoli a tre dimensioni.
E, reggetevi forte, toccherà anche all'Italia. Una data? Ben cinque!
Oltre alla tappa all'Umbria Jazz Festival di Perugia il 7 luglio, la band sarà presente in un'occasione speciale alle Ogr di Torino in autunno. In quattro occasioni, per meglio dire. Il 30 settembre il grandissimo Giorgio Moroder inaugurerà il nuovo corso delle Ogr - che diventeranno un hub di ricerca artistica e tecnologica - con un'esibizione (gratuita!) con la Heritage Orchestra e la Ensemble Symphony Orchestra. E dopodiché, dal 4 al 7 novembre, i Kraftwerk terranno quattro show consecutivi nella stessa manifestazione: ogni serata si incentrerà sull'esecuzione completa di due album classici del gruppo. Rispettivamente: il 4 Autobahn e Radio-Activity, il 5 Trans-Europe Express e The Man-Machine, il 6 Computer World e Techno Pop, ed il 7 The Mix e Tour de France.

Per i suoi standard, direi che l'Italia sarà a posto per un po' di anni in quanto a concerti di musica elettronica. Davvero qualcosa di imperdibile, poter assistere a concerti del genere qui nella nostra penisola. Come ha detto Federico Fiumani a proposito della prossima data dei Rolling Stones a Lucca, si dovrebbero pagare anche 3000 euro per guardare coi propri occhi e ascoltare con le proprie orecchie un pezzo di storia vivente che suona i suoi più grandi classici. Ebbene sì, rasento un compiacimento estatico al sapere quanto accadrà fra pochi mesi in Italia. Quello che ci faranno i Kraftwerk, è per me un immenso dono, al costo di soli 50 euro. 

Qualche volta, apprendere certe notizie può essere una ragione di felicità.
Evviva i Krafwerk, evviva la musica.

I Kraftwerk eseguono The Robots in uno show live 3-D

lunedì 15 maggio 2017

PERCHÉ MARIANO DI VAIO HA FATTO UNA CANZONE?

 

Erano giorni che mi chiedevo perché mai Mariano Di Vaio avesse fatto una canzone se fino ad ora ha solo messo in mostra i suoi pettorali su Instagram. E solo guardando il videoclip e ascoltando la canzone ho saputo darmi una risposta.





Quando il proprio orario biologico funziona abbastanza male, sei costretto a dover trovare qualcosa da fare per un po' di ore mentre tutte le persone normali dormono.

Solitamente destreggio il mio cellulare tra Facebook, Instagram e streaming di partite NBA senza dimenticare mai YouTube. Sacra patria dell'intrattenimento negli anni 10 del ventunesimo secolo. Questa notte, dopo aver girato un po' i canali preferiti e visto un video di un tipo che taglia sabbia cinetica con un coltello che manco un macellaio, decido di dare uno sguardo alle tendenze. Non l'avessi mai fatto.

Chiariamo la situazione. Qualche giorno fa, nel gruppo WhatsApp con i miei amici avevo letto tra i vari messaggi che un blogger e modello quale Mariano Di Vaio ha deciso di spostarsi sul campo della musica dopo aver dominato migliaia di ragazze e donne grazie al suo fisico imponente e al suo sguardo travolgente. Ammetto di essere un grande amante del trash ma quando questo è fatto apposta (vedi Elio e le Storie Tese così come Bello Figo). Se le intenzioni sono serie, e presumo che nel caso di Di Vaio lo fossero, sono più propenso ad evitare l'ascolto per non iniziare a strapparmi le orecchie. E così ho resistito, non mi sono fatto prendere dalla curiosità e ho continuato a fare ciò che stavo facendo.

Però, appunto c'è un "però" e mi ricollego al discorso iniziale, vado a vedere cosa c'è di interessante tra le tendenze di YouTube ed eccolo lì. Boom. Sbattuto in faccia. Io contro lui. Mi è sembrata una sfida, quasi un affronto alla mia persona. Apro. Carica. Metto in pausa. Mi sistemo per bene perché voglio concentrarmi al massimo per giudicare di persona (per quanto possa valere il mio giudizio eh) la canzone di Mariano Di Vaio. "Wait for me", play.

I primi venti secondi sono: base dance (beh, non che mi aspettasi un assolo di chitarra) che mi ricorda i bei tempi di "Mr. Saxobeat" della straordinaria Alexandra Stan che ha fatto chissà quale fine dopo quella hit, spiaggia californiana, shorts e tavole da surf. Mi sembra nella norma.

Inizia la parte cantata e, sto per rivelare un aspetto che mi ha sorpreso ad essere sincero, Mariano sfoggia un inglese degno di essere chiamato tale. Il drop non è nulla di eccezionale ma neanche uno schifo. Il problema vero di questa canzone è che dura 2:47 ma già al termine del ritornello annoia. Perché dopo sostanzialmente c'è il nulla, è praticamente uguale alla prima parte. Per non parlare di quanto è monotono il video tra scene a rallentatore di ragazzi che ballano e lui a petto nudo che esce su balconi o entra/esce in/da auto cabriolet. Non dico che doveva esserci Kubrick a fare il video ma almeno un po' più di inventiva. Ah, tra le ripetizioni dimenticavo il mare con annesse onde, a rallentatore.

Passiamo al testo. Abbraccia, stringe e stritola quel bel luogo comune secondo cui la musica dance non ha contenuti testuali. "Wait for me" è di una banalità assurda, ma lo è così tanto che mi ricorda i tempi in cui provavo a scrivere testi ma avevo solo otto anni. Prima dice che lei è vicina ma lui è lontano (?), poi chiede di essere aspettato e sa che lei non vuole che lui vada via. Però lui, a quanto pare, è già lontano. Quindi qualcuno mi spieghi perché al termine della canzone le prega di restare. Ma se sei stato tu ad andartene? Ho problemi di comprendonio io o non so: quello che si capisce leggendo il testo è esattamente che lui è lontano nonostante lei non voglia che se ne vada. Trip.

Ecco, adesso uniamo la canzone al video. Non c'entrano assolutamente niente. Perché nel video sono tutti felici e danzanti se la canzone parla di lontananza? Oh, non chiedo tanto però, dai, dare un minimo segno che 'sti due non si trovano lo potevano dare. Non che questi invece sprizzano gioia da tutti i pori.

Tutto sommato, Mariano ha fatto una potenziale hit che in una serata seria non verrebbe mai mandata ma che farà parlare di lui su Instagram e da Barbara D'Urso. È personal branding, nulla di più. Quindi non stiamo a giudicare tanto gli aspetti seri della musica quanto il colpo mediatico che un influencer come lui è capace di dare. Parlare di Mariano Di Vaio e sentir parlare di Mariano Di Vaio: questo è il suo obiettivo. E io sono caduto nel suo tranello.

mercoledì 10 maggio 2017

ALTER BRIDGE: IL MERLO VOLA SULL'ITALIA


fonte immagine: pagina facebook ufficiale del gruppo
Dopo il boom di The last hero, ilquinto album in studio degli Alter Bridge, la band di Myles Kennedy e Mark Tremonti torna in Italia dopo nemmeno un annetto dalla data all'Unipol Arena (concerto che ovviamente non potevo perdermi), con due nuove date annunciate per il tour: il 5 luglio al Rock in Roma presso l'Ippodromo delle Capannelle e il 6 luglio a Milano all'Ippodromo Snai di San Siro.
Dai tempi del capolavoro Blackbird (album da ascoltare almeno una volta nella vita), la band statunitense ha creato intorno a sé un esercito di fans invidiabile e ha riscosso sempre più successo. Non c'è da meravigliarsi se i loro concerti sono ormai ambiti da molti ascoltatori medi e non. Nell'attesa, noi del Musichiere vogliamo fare due chiacchiere sulla band e sul loro ultimo album.

Il gruppo nasce a Orlando (Florida), nel 2004, dal terreno abbandonato  degli ormai finiti Creed. I quattro incontrano il cantante Myles Kennedy, già noto alle scene per essere il cantante di fiducia di Slash nei suoi progetti solisti (ahimè, a volte questo contatto intensivo con Slash ha contaminato un bel po' anche i lavori degli AB) e, per pochi appassionati, dei Mayfield Four. La band comincerà ad aumentare sempre più di grado e il duo Tremonti-Kennedy collezionerà diverse "medagliette d'oro"; Tremonti sarà in vetta alle classifiche dei migliori chitarristi al mondo, e Kennedy come uno dei migliori cantanti esistenti per estensione ed espressione (si rivelerà inoltre un ottimo chitarrista e autore). La band seguirà un percorso di crescita e raccoglierà tutti i tipi di fans, dalla ragazzina in tempesta ormonale al metallaro snob e altezzoso senza grosse esclusioni di colpi. Attualmente è una delle poche band esistenti in grado di spaziare da arpeggi strappa lacrime a riff martellanti, completa di tecnica e di sentimentalismi decadenti.

1) ONE DAY REMAINS -  Il primo album in studio della band che presenta ancora sonorità strappalacrime e smielate tra cui Broken wings, Open your eyes e In loving memory. I brani per coppiette non mancano, ma nemmeno quelli per chi ha rabbia repressa: basta ascoltare il brano Metallingus per assaporare quello che sta per diventare questa band. Il debutto ci sta alla grande!

2) BLACKBIRD - Alzate le mani, signori: se il primo album aveva i suoi punti bassi, questo è impeccabile. Myles Kennedy magicamente sfodera delle doti chitarristiche tenute represse dai tempi dei Mayfield Four, e Tremonti sembra far piangere e ridere la sua chitarra con assoli di un certo livello: non è un caso se l'assolo della title-track è stato inserito tra i migliori di sempre. Seppur più incazzati, mantengono la vena romantica e spirituale con ballate alla Watch over you e Before tomorrow comes. I brani contenuti in questo capolavoro sono perfetti da ascoltare in autostrada o passeggiando in riva al mare. È l'album in assoluto più versatile, in quanto ti fa gasare ma anche piangere, in un complesso molto variegato. I testi vanno dal più malinconico al più impegnato. come Rise today. Kennedy e Tremonti si dimostrano degli ottimi compositori, in grado di sfornare un disco alla portata di tutti.

3) AB III - Se volete piangere, questo disco fa per voi. I temi trattati sono più introspettivi e maturi: si va dalla paura della morte alla bellezza della vita in pezzi come Ghost of the days gone by e Wonderful life, con testi che sembrano davvero delle preghiere. In questo disco Kennedy si racconta nel più profondo del suo animo e Tremonti dà prova della sua genialità con accordature complesse e composizioni davvero innovative, arpeggi complessi, aperture da pelle d'oca, e nuove tecniche. Zio -Mark questa volta si concentra meno sugli assoli e più sui colori e le sfumature di ogni brano, senza scartare del tutto i riff rockeggianti che si ritrovano in pezzi come Slip to the void e Isolation . Un album da ascoltare in solitudine.

4) FORTRESS - Mettiamo da parte gli arpeggi e la malinconia. Con Fortress ci spostiamo in nuovi territori. Gli Alter Bridge si spingono davvero oltre i loro canoni, con riff oppressivi e furia distruttiva. La voce di Myles questa volta irrompe come un urlo di battaglia che si contrappone al "canto del merlo" dei lavori precedenti. Il disco presenta caratteristiche del tutto nuove nel repertorio della band, si parla di battaglie e calamità. Abbiamo una prevalenza di cavalcate come le famose Addicted to pain e Cry of Achilles. L'album presenta incursioni prog e brani di complessa elaborazione compositiva: ne sono l'emblema la title-track e Calm the fire che, a mio avviso, sono il cuore pulsante dell'album. Tremonti da il meglio di sé negli arrangiamenti e negli assoli, che qui sono davvero complessi. Tuttavia, il caro Mark per la prima volta non si limita a fare le seconde voci e a stuprare la sua Paul Reed Smith, bensì diventa la voce principale nel brano Waters rising. I nostri quattro amici non dimenticano tuttavia il romanticismo e il sentimentalismo, che restano però circoscritti in due soli brani: Lover e All ends well.
Gli AB non sono più quelli di una volta, ma sono arrivati alla loro forma perfetta, ravvisabile proprio in questo disco.

5) THE LAST HERO - Il 7 ottobre 2016 è uscito l'ultimo lavoro della band. Ricordo che l'estate scorsa, quando uscirono i primi due estratti Show me a leader e My champion, ne rimasi un po' deluso,non lo nego. Sono due brani di qualità, ma dopo l'estasi di Fortress mi aspettavo qualcosa di più esplosivo. Quando è uscito il disco mi sono ricreduto: The last hero è una vera bomba! Nonostante i temi di Fortress fossero più elaborati, quelli di The last hero sono più "seri". Si va dall'inquinamento alla politica, dalla politica alla guerra e a tutto ciò che è attuale. I riff sono anche qui delle martellate, le linee melodiche non lasciano spazio al mainstream (come sembrava nei primi due estratti). Molti, me compreso, hanno pensato che Myles si fosse lasciato influenzare troppo dal progetto con Slash, ma una volta ascoltato il disco intero, le cose cambiano! Ho visto eseguire i pezzi di The last hero dal vivo: è roba seria, gente, a luglio capirete.
Inoltre è risaputo che dal vivo i nostri AB sono impeccabili!
Stay tuned!

La locandina promozionale delle due date italiane

domenica 7 maggio 2017

TABULA RASA 2000, pt.4: IL ROCK IMPLODE


La copertina di Kid A
Tabula Rasa 2000, l'ultimo appuntamento alla scoperta della musica del terzo millennio. Dopo due tappe nel continente americano (Maryland, USA e Canada) ed una in Islanda, oggi è la volta dell'Inghilterra: nel 2000, i Radiohead rivoluzionarono il loro stile e la musica tutta. 

Dopo il successo mondiale di OK Computer (1997), la band di Oxford comincia ad avere un rifiuto per i grandi palchi, i riflettori, le dinamiche commerciali della musica, e tutto il resto: per questo, all'indomani di un tour mondiale, Thom Yorke e compagni decidono di chiudersi in studio per comporre e registrare. Nel mistero mediatico più totale, viene alla luce in ottobre 2000 il quarto lavoro dei Radiohead, il più importante ed epocale: Kid A. Niente singoli, niente hype. Il gruppo bada solo alla propria evoluzione musicale, deludendo e spiazzando molti dei fan conquistati con il precedente album, ma vende lo stesso. E soprattutto, regala al mondo un capolavoro.
Non c'è più spazio per i singoli pop che avevano catturato mezzo mondo, nemmeno per le chitarre rock come strumento guida: la nuova formula dei Radiohead trae spunto dall'elettronica, dal'ambient-techno e dal jazz.

La nuova direzione della band è palesata fin da subito: Everything in its right place, pezzo simbolo dei Radiohead molto amato, spiazza tutti. A dettare le regole del gioco sono i sintetizzatori, le voci sdoppiate, sovraincise e deformate: un testo ermetico e bizzarro, lontanissimo dall'impegno politico di OK Computer. Dopo un ascolto così destabilizzante ed affascinante, l'ascoltatore non ha il tempo di respirare; la title-track va ancora più a fondo: un carillon sintetico, una batteria elettronica, una voce completamente effettata e robotica. L'effetto semi-ambientale delle musiche unito alla perizia musicale dei componenti del gruppo regala emozioni incontrollate. Ora è assodato: il rock è imploso, lasciando posto ai suoni del futuro. Il processo di distruzione sonora viene completato da The national anthem, un'ordalia di 5 minuti che parte con un basso pulsante e distorto inseguito da una batteria preziosa per finire in un tripudio di ottoni, Ondes Martenot e chitarre ululanti. Basterebbe questo per fare la storia.
La successiva How to disappear completely (altro cavallo di battaglia della band) riporta l'ascoltatore spiazzato in territori a lui più consueti: compare una chitarra acustica, una voce in pulito che declama una dolce ballata. Il testo è una sorta di mantra che Yorke si ripeteva per andare avanti nelle massacranti tournér mondiali: "Io non sono qui/Questo non sta succedendo davvero". Il basso è sinuoso e indimenticabile, e la canzone lascia spazio ad alcuni spunti rumoristici: ogni elemento della struttura sottostà alla presenza soave degli archi.
La quiete viene del tutto ripristinata con Treefingers, brano strumentale ed inevitabilmente ambient. Due sintetizzatori dilatati ed una chitarra manipolata elettronicamente chiudono la prima metà del disco.

Si riparte recuperando alcune tendenze tipiche di OK Computer: in Optimistic si torna al sound a tre chitarre e al tipico cantato sghembo ma sostenuto di Thom Yorke. Il pezzo ha un arrangiamento magnifico, ogni suono si lega perfettamente nell'armonia del brano senza rubare spazi. Un vero gioiello molto difficile da collocare con precisione. In limbo vede ancora due chitarre protagoniste, stavolta affiancate da un bellissimo riff di tastiera onnipresente nella canzone. La voce conduce in spazi sognanti, e il tutto sfocia in una trance strumentale. Torna l'elettronica più massiccia in Idioteque; qui i Radiohead hanno rubato dalla techno la presenza di percussioni sintetiche serrate e di  ritmi molto sostenuti e fuso questi elementi al loro sound unico ed inconfondibile. Questo brano è ancora tra i momenti culminanti dei live della band: una danza che fonde disco e sperimentazione, il capolavoro nel capolavoro. Morning bell torna a fondere la tastiera elettronica alle due chitarre: un giro di basso favoloso che sottolinea il sintetizzatore, una performance vocale notevole, e due chitarre ritorte che si avvolgono l'un l'altra creando tensione senza mai esplodere. È di nuovo calma con la conclusiva Motion picture soundtrack, una canzone incentrata sulla voce e la tastiera di Yorke ed impreziosita da accenni di orchestra: davvero come in un film.

Kid A è un capolavoro indiscusso che dopo mille ascolti cela ancora misteri e passaggi difficili da interpretare razionalmente. Un album che rappresenta due rivoluzioni, una nel sound dei Radiohead, e una nella scena musicale di inizio millennio. Un cambio di rotta audace, una sfida di pura innovazione che riscrive i canoni della musica rock (e non solo) completando un processo di cambiamenti che era cominciato dalla seconda metà degli anni '90. In sostanza, un gruppo al top del suo successo e della sua creatività ci ha regalato un lavoro che resterà scolpito nel firmamento della musica per sempre. 
Tabula Rasa 2000 si chiude qui: abbiamo tracciato la mappa della musica degli anni 2000, ora sta a voi provare ad ascoltare questi quattro dischi fondamentali.

Torneremo a parlare dei Radiohead a giugno: vi racconteremo la data a Firenze del gruppo britannico.
Stay tuned!

sabato 6 maggio 2017

ROB ZOMBIE: LA PAZZIA CHE SBARCA AD HOLLYWOOD 



Il Musichiere torna dopo tempo a parlare di cinema. Questa volta non analizzeremo un film, bensì un artista: sto parlando di Robert Bartleh Cummings, in arte Rob Zombie.
Fondatore e principale compositore degli White Zombie, Rob procede nella sua carriera da cantante con il suo progetto solista, diventando così un importante compositore di genere Industrial.
La sua carriera però non si ferma solo alla musica, ma cerca di trasporre le tematiche horror delle sue canzoni sul grande schermo. È così che il 2003 sancisce l'inizio della sua carriera da regista con l'uscita del film La casa dei 1000 corpi.

Il film, ambientato in Texas alla vigilia di Halloween (data ricorrente nei film di Zombie), narra le vicende di un gruppo di ragazzi che si aggirano per gli Stati Uniti alla ricerca di storie bizzarre ed inquietanti al fine di riportarle nel libro che stanno scrivendo. 
Nel corso della storia le due coppie faranno la conoscenza di vari psicopatici come il Dottor Satana e il Capitano Spaulding (a mio avviso, uno dei personaggi meglio riusciti del regista).
Ben caratterizzata è anche la famiglia Firefly, nucleo di sadici violenti ricollegabili alla famiglia Sawyer dal capolavoro Non aprite quella porta.

Circa due anni dopo esce il seguito intitolato La casa del diavolo, pellicola che, sebbene accantoni quasi del tutto la componente horror, riesce comunque ad interessare lo spettatore e a cercare di seguire il futuro ignobile della famiglia Firefly.
In entrambi i film, come in tutti quelli di Rob, a recitare è presente sua moglie, l'accattivante Sheri Moon Zombie, compagna del regista da oltre quattordici anni.

Il terzo film di Zombie è Halloween - The Beginning, metà prequel, metà remake della fortunata serie del regista John Carpenter.
La storia parte dalla gioventù dello spietato Michael Myers e spiega lo sterminio della sua famiglia e di conseguenza la sua incarcerazione. Il film ad un certo punto fa un salto temporale, spostando l'attenzione alla fuga dal carcere di Myers e ai suoi futuri omicidi.
Anche di questo Zombie ha girato un sequel, intitolato Halloween II, che riparte alcuni istanti dopo la fine del primo capitolo. 
La colonna sonora dei due film è notevole, presentando brani di Motorhead, Kiss, Alice Cooper e molti altri artisti facenti parte della scena rock e metal. Molto ricorrenti sono i brani dei grandi Lynyrd Skynyrd, apprezzatissimi da Rob (e dal sottoscritto).

Nel 2009 esce la prima commedia animata di Zombie, intitolata The Haunted World of El Superbeasto, adattamento cinematografico della serie a fumetti creata da Rob stesso che tratta delle vicende di un regista ed ex lottatore mascherato e della sua sexy sorella intenti a salvare il mondo dalle grinfie del malvagio Dr. Satan.

Dopo aver scritto un episodio di CSI Miami, nel 2012 Rob Zombie torna a fare sul serio con un film intitolato Le Streghe di Salem, pellicola contenente pesanti simbologie appartenenti all'occulto, più specificatamente al satanismo. La storia è quella di una speaker facente parte di una emittente radiofonica di Salem che riceve uno strano disco da un gruppo chiamato "i signori".
All'ascolto di questo lavoro Heidi (interpretata da Sheri Moon) inizia ad avere disturbanti allucinazioni e cade in uno stato di trance. In seguito verrà a scoprire che le note presenti nel disco sono state prese da uno spartito presente nel diario del reverendo che condannò sette donne accusate di stregoneria, in seguito bruciate vive.
Lo stesso Zombie farà uscire in seguito una versione romanzata de Le streghe di Salem inserendo alcuni dettagli tralasciati o tagliati nel film.

L'ultimo lavoro di Zombie si intitola 31, una sorta di versione macabra, cruda e squilibrata di Hunger Games dove, il giorno di Halloween, un gruppo di animatori viene rapito nel bel mezzo del Texas e costretto da un gruppo di ricchi eccentrici a far parte di un sadico gioco che terminerà alle prime luci dell'alba. La sfida? Resistere alle terribili intenzioni di spietati clown assetati di sangue.
I dialoghi sono esilaranti, i personaggi ben fatti, la presenza di un tizio affetto da nanismo con svastiche dipinte sul corpo e l'acconciatura alla Hitler rende il tutto davvero folle.
Seppur un po' bistrattato dalla critica, ho particolarmente gradito quest'ultimo lavoro. È vero, può sembrare scopiazzato da altre opere e magari ripreso da altre stesse di Zombie, ma non è affatto male.

Molti definiscono i lavori di Rob Zombie banali e sempliciotti, ma in lui c'è qualcosa che riesce a convincerti, forse proprio per i personaggi poco sani di mente che riesce a partorire, forse per le ambientazioni usate, o forse anche per la situazione che riesce a creare. Ditemi quello che volete, ma ogni volta che guardo un suo film, lo faccio con gusto. A sostenere i suoi film, una serie di colonne sonore scelte meticolosamente e che sottolineano da che mondo viene, come una specie di firma.
Non posso fare che consigliarvi i suoi film se amate l'horror o i thriller. Inoltre, poiché non ha realizzato molti film, potrete riuscire a guardare la sua intera filmografia in pochissimo tempo.

Dal Musichiere è tutto. Un abbraccio.


mercoledì 3 maggio 2017

RUGGIERO FILANNINO: INTERVISTA AL DJ EMERGENTE



Ruggiero Filannino, 20 anni, è un dj di Barletta che studia musica elettronica e composizione di colonne sonore al Conservatorio "Niccolò Piccinni" di Bari. Dopo aver esordito nel 2012, ha fatto gavetta con la techno e la Tech-House, sino ad arrivare ai concerti e alle pubblicazioni discografiche. Ora, nella sua produzione, è arrivata la svolta: per saperne di più, abbiamo deciso di intervistarlo.

                               
Come ti sei approcciato al mondo della musica e come hai esordito?

Sono nato come pianista classico prendendo lezioni, e mi sono cimentato nell'essere dj solo in seguito: ho cominciato per divertimento, suonando alle festicciole con amici o parenti. Nel 2012, poi, col "boom" di iscrizioni al G.O.S. (Giovani Open Space, centro ricreativo di Barletta), è arrivata la possibilità di avere la strumentazione ed una sala per esercitarsi con mixer, casse e giradischi; proprio lì ho esordito suonando in pubblico per la prima volta. Mentre un giorno mi esercitavo al G.O.S. fui notato e mi fu offerto di suonare in un club: da lì le prime serate e i primi concerti. Seguirono inevitabilmente le prime registrazioni e produzioni: la primissima fu un pezzo deep-house intitolato "Evidence". Da lì mi spostai sulla Tech-House con "Loosing gravity" per poi approdare alla techno vera e propria. Proprio in quel periodo arrivò il successo di due miei pezzi che furono pubblicati su due etichette discografiche, "Toys" e "Wizz". La mia passione è cresciuta di pari passo col successo che mi ha spinto a continuare, ed ho deciso di dedicarmi alla musica a tempo pieno iscrivendomi al Conservatorio "Piccinni" di Bari dove studio musica elettronica ed ingegneria del suono.


Nello specifico, che tipo di musica suoni e con quale strumentazione?

Con la mia musica cerco sempre di divertire la gente, ma anche di stimolarla e farla riflettere. Il mio background, oltre alla techno e alla musica da ballare, contiene tanta musica classica: da questo tipo di formazione deriva una mia grande attenzione per la musica come forma d'arte e cultura. Da ex-studente di liceo classico, riconosco la componente creativa, totalizzante ed artistica della mousiché. Per questo e poiché nasco come pianista classico, nella mia produzione musicale accosto all'elettronica la componente classica. Non è affatto una fusione brutale o poco equilibrata: cerco di produrre musica elettronica o ballabile con un occhio di riguardo per il genere classico.
Per quanto riguarda la mia strumentazione, ho sempre fatto tutto con un computer windows sino ad un anno fa. La manna dal cielo è stato il Bonus Stradivari concesso agli studenti dei conservatori, grazie a cui ora ho cuffie da studio, scheda audio, due casse da monitor, un pad, una tastiera elettronica. Mai avuti mixer o giradischi: di fatti non posso esercitarmi granché a casa, ma mi rimbocco le maniche nei pochi minuti che precedono le mie esibizioni! Un fai-da-te estremo, insomma. Il livello a cui sono ora è più dovuto alla mia passione che alla pratica che ho fatto; mi è capitato, dopo alcune serate, di ricevere complimenti e domande su che strumentazione avessi: la mia risposta era inevitabilmente "nulla". Ho imparato a fare musica con l'immaginazione, con la curiosità di conoscere ogni stile di ogni dj, di espandermi verso generi musicali esterni.


Parliamo del tema clou: la svolta chill del tuo nuovo pezzo "Savana's snow".

È nato tutto un sabato mattina, mentre mi esercitavo nel mio studio: mi sono preso 5 minuti di pausa, e ho cominciato a divertirmi al pc, senza ispirazioni o scopi precisi. Sono venute fuori le prime registrazioni, ed i miei amici mi hanno spinto a terminare il pezzo perché gli piaceva e rappresentava una sfida per me, una totale novità. Dalla techno al chill cambia tutto, c'è una differenza enorme. Ho intitolato la traccia "Savana's snow", la neve della savana: qualcosa che non esiste e non potrà esistere mai. Il titolo apparentemente insensato rappresenta la mia svolta radicale. Alla base di questo ci sono innovazione e sperimentazione: è fondamentale rinnovarsi sperimentando senza sedimentarsi su un singolo stile. Credo anche che nessun musicista sappia con certezza qual è il suo genere, e nonostante io ami la techno, con "Savan's snow" ho capito di poter fare tanto altro: la gente mi ha dato un riscontro molto positivo e molti dj famosi mi hanno fatto i complimenti. Nessuno si aspettava un cambiamento così improvviso e inaspettato. Di fatti, almeno in teoria, il chill non mi appartiene.


Abbiamo capito che i tuoi orizzonti musicali si spingono oltre la solita musica da dj: mi viene spontaneo chiederti dei tuoi progetti futuri.

Per quanto riguarda la composizione, sto continuando questo percorso intrapreso con "Savan's snow", di fatti a breve verrà pubblicata e distribuita sotto un'etichetta una mia nuova traccia (di cui non vi svelo il titolo), sia digitalmente che analogicamente. Bisogna specificare che questa svolta riguarda solo la composizione: dal vivo non farò mai chill, le mie esibizioni continueranno ad essere techno. In questo mi differenzio da praticamente tutti gli altri i dj, che propongono dal vivo lo stesso ed unico genere che compongono. La possibilità di fare cose diverse contemporaneamente è un'ottimo spunto che non voglio affatto precludermi. Dicevo appunto di un nuovo pezzo chill che sto componendo e che verrà pubblicato sotto un'etichetta e verrà rilasciato digitalmente e forse anche analogicamente.
Nell'ultimo periodo mi sto dedicando esclusivamente al mio studio di composizione di colonne sonore e alla mia produzione, e non sto cercando esibizioni dal vivo in zona: ad agosto partirò per la Germania e non so di preciso quando tornerò. Sono alla ricerca di situazioni e di stimoli nuovi, e a dirla tutta, sono rimasto un po' insoddisfatto di Barletta (amo la mia città, mi riferisco solo all'organizzazione delle serate!). Qui si dà troppa importanza a dj che assicurano pubblico e vendite, e soprattutto all'economia. Il target di età massimo dei locali della zona è anche piuttosto basso. Cerco dunque una scena che non sia quella locale e nemmeno quella nazionale: ecco il perché della mia scelta di partire per la Germania. Un vero peccato dover lasciare l'Italia, in cui purtroppo ho trovato situazioni che non mi hanno soddisfatto e non mi interessano più.


Da Capriati, Luciano, Skrillex, i Moderat e Whilk and Misky a Bach: tra techno, musica sperimentale e classica, le ispirazioni di Ruggiero Filannino sono tra le più disparate. Un musicista poliedrico che si destreggia tra la techno suonata, la chill composta, e le colonne sonore studiate.
Restate sintonizzati, a breve pubblicherà un nuovo pezzo inedito!
Qui potete ascoltare "Savana's snow":
https://soundcloud.com/ruggiero-filannino/ruggiero-filannino-savanas-snow